venerdì 25 giugno 2010

BARBARA ED EMANUELE, ANNA [21.06.2010]

Barbara ed Emanuele rientrano in italia per le loro ferie, qualche matrimonio di amici, un saluto ai familiari, ....lo stesso per Anna. Per seguire il container 5 non ho potuto far colazione con loro; mi spiace che partano, con loro stiamo bene. Penso ai prossimi giorni, a come sarà la casa senza di loro.
Mentre scrivo (appena tre giorni dopo la loro partenza), lo so bene com'è stare qui. Ti accorgi del ben lavoro che stanno facendo, della quantità di cose che seguono, del calore che ti trasmettono, della tavola quasi vuota a pranzo e cena, della lavatrice sempre disponibile, dell'acqua in frigo che non finisce, della loro sveglia che non suona, di quelle parole italiane che nessuno di noi conosce ma siccome loro vengono dalla culla della lingua italiana...ci tocca credere che esistono...del trovarsi soli ad andare ad aprire la porta alle tre della mattina quando vengono a chiederti le chiavi del laboratorio, di aspettare che torni Claire con l'incasso dell'ospedale, di non poter andare insieme a bere qualcosa, ....insomma, un sacco di cose che ti accorgi non essere più al loro posto. Buon viaggio, riposatevi e portateci qualcosa di buono da mangiare dall'Italia.

5 CONTAINER [21.06.2010]

Questo è arrivato lunedì, preceduto da una telefonata alle 6.45 della mattina. La sua storia è diversa, per questo ve la racconto. Il container arriva via camion direttamente dal porto di Douala. La trafila treno+camion è troppo lunga, anche se quella del solo camion è più costosa. In tre giorni ha fatto più di 1500 km.
Quando mi chiamano mi precipito per andarli a prendere in città e portarli al cantiere dell'ospedale. Mi dicono di essere già al ponte della Benouè (fiume che lambisce il lato sud della città); salto colazione e mi precipito. Arrivo e non trovo nessuno. Chiamo per sapere dove sono. Sono al pedaggio a 20 km dalla città. Porcaccia la miseria!!!! Dico loro che li aspetto prima del ponte; quando vedono la macchina bianca, su quella ci sono io. Si devono fermare, controlliamo i documenti e poi – per evitare problemi con la polizia – prendiamo la "tangenziale". Dopo mezz'ora passa un camion a velocità sostenuta. Ha sopra un container. Mi accorgo che è uno dei nostri dal numero identificativo. Mi hai visto ? (ero l'unica macchina in strada). Perchè non ti sei fermato ? Accendo il motore e lo inseguo. Quando lo affianco siamo sul ponte. Lui mi stringe e sono costretto a lasciargli strada. Peccato però che lui la strada non la conosca, quindi non si ferma al fischio della polizia (che comunque non ha la macchina quindi non ti insegue) ed entra in città. Finalmente lo supero e gli faccio cenno di seguirmi. Di riprendere la tangenziale non se ne parla, non c'è spazio per fare inversione a U. Mi tocca inventarmi la migliore strada possibile, possibilmente senza buche (ironia), cercando di evitare i mille poliziotti e militari sparsi per ogni strada e pista. La soluzione è "tagliare" per alcune viette del centro, attraversando la zona del materasso, poi la zona dei ricambi auto, infine la tangenziale sud...che è tutta una buca nel nostro senso di marcia...per cui la percorriamo contromano. Come tutti. Arriviamo al cantiere. Chiamo le gru. Il tipo ubriaco c'è ancora. Oggi è sobrio, ma il camion-gru proprio non è affar suo. Viste le fatiche e gli inconvenienti con il terzo container, decido che parcheggiamo il quinto fuori dal giardino. In strada.
La manovra si svolge in un quarto d'ora. Anche questa volta con un po' di brividi (veder il container dondolare come un ragno appeso alla sua ragnatela...ti fa trattenere il sospiro).
Tutti liberi di tornare a casa ? Certo che no ! Siccome il nostro cortile è pieno di container e già da tempo stavo progettando di liberarlo (sennò diventa come il giardino con i sette nani e cenerentola), chiedo se mi possono caricare e trasportare un vecchio container da Benjamin (al quale l'abbiamo venduto a prezzo di favore). Nessun problema per i ragazzi della Sodecoton. Il camionista invece vuol essere pagato. Badate bene, solo per guidare il camion per mezzo chilometro. Tratto e l'affare si fa.
Questo vecchio container, che noi chiamiamo il container del cemento, è da anni posato direttamente a terra, un po' infossato. Si decide di sollevarlo da un lato e di trascinarlo verso il centro del giardino. E' la cosa meno indolore da farsi. Facendo attenzione agli alberi di mango, per favore. La gru lo solleva, lo trascina un paio di metri...poi vedo tutti "mollare" quel che stavano facendo per inseguire un "raton" (che è proprio come nel nostro dialetto, un grosso topo). Uno che scende giù dal camion-gru, disindeteressandosi completamente del fatto che il container è lì appeso, il giardiniere che molla di schianto la carriola e brandisce il rastrello, Abdullai (che dirigeva da terra le manovre della gru) che corre inciampando sulla carriola...schizzano come delle molle. Il "raton selvatico" qui è un piatto prelibato. Giuro che non l'ho mai mangiato, e giammai penso di farlo. Ma per loro è una prelibatezza. Alla fine il raton si nasconde, loro imprecano, io resto abbastanza allibito. E' durato tutto qualche secondo; penso che sia stato un sogno (incubo).
 
Quando vedo il container del cemento uscire dal cancello penso che anche oggi un piccolo passo è stato fatto. Anche questo fa parte del mio lavoro qui in cameroun.

p.s. Il quarto container deve ancora partire dalla stazione dei treni. Aspetta: la scusa anche questa volta è che stanno scaricando i container di cotone. Non so bene, ma sembra che qui, solo in cameroun, il ciclo del cotone sia di 365 giorni l'anno. Cotone per tutte le stagioni....

CONTAINER 3 [19.06.2010]

Del container 3 ci sono parecchie e simpatiche cose da raccontare. A partire dalla data del suo arrivo. Avrò chiamato 20 volte per sapere quando sarebbe partito dalla stazione dei treni. Avrò chiesto 20 volte di avvisarmi quando partiva; poi io calcolo circa 2 giorni di viaggio in camion e so che sarà a destinazione il....Sabato stavo tornando dal mercato (ennesima commissione per recuperare tubi e gomiti idraulici...che cosa abbiamo allora messo in questi container, se proprio volevamo il buon materiale italiano ?), quando all'inzio della pista che porta a casa (2 km dall'ospedale) vedo un camion con un container, fermo in riparazione sul bordo della strada. Mi avvicino guardingo e al tempo stesso un po' incazzoso, perché mi sembra di riconoscere il trasportatore...è il nostro container (vedi un po' il caso...). Il camion ha finito il gasolio e non si riaccende perché la batteria è scarica. C'è già lì un meccanico. Chiedo se stanno venendo all'ospedale a portare il container. "Si". Chiedo perché non hanno avvisato, che eravamo tanto in ansia per il piccolino. "Finiti i soldi nel cellulare". "Anche il gasolio", mi sembra.
E' una stupidaggine, ma a saperlo prima iniziavo a chiamare quelli della Sodecoton che devono partire con due gru e raggiungerci. Giusto per non lavorare sotto la canicola, o a notte fonda.
Alle 11.00 ci siamo tutti ed iniziano le manovre. Si cercherà di mettere il terzo container a fianco degli altri due, ma 19 tonellate sono tantine da manovrare. La prima gru si posiziona. Adesso deve entrare il camion nell'area di manovra. Il motore non si accende, si è surriscaldato. Per raffreddarlo il camionista ha invertito i tubi del gasolio con quelli dell'aria. Gasolio ovunque, motore ingolfato, chiamiamo di nuovo il meccanico. L'altra gru è guidata da uno visibilmente ubriaco. Entrando nel viale (perché non fare una manovra in più ?), striscia tutto il serbatoio laterale sul cancello. Altro gasolio che cola. Poi continua la sua splendida performance rifilando quasi tutti gli alberi del viale. Infine ci siamo. Agganciano il container, lo sollevano. Resta sospeso in aria, il camion che lo trasporta ingrana la retro per spostarsi. Non si muove. Il motore è a mille ma non si muove. Togliere il freno a mano può sembrare un'idea stupida ? [pensierino: ma quale santo protettore li ha fatti arrivare fin qui questi container ?]. Sotto le urla di tutti (noi in italiano, gli altri in foufoulde), le gru che iniziano a cedere, finalmente il camion si sfila. Appena in tempo, come nei trhilling. Una delle pompe della gru manovrata dall'ubriaco perde pressione. Si riprova a sollevare il container per posizionarlo in maniera corretta. Alla fine la pompa cede di schianto, il container barcolla a 30 cm da terra. Nel cadere urta contro la parte posteriore del camion-gru; si apre una "profonda ferita" di mezzo metro che fa intravvedere il contenuto del container. Su questo lato ci sono piastrelle. Oramai il container resterà lì. Per fortuna c'è lo spazio per l'altra gru di far manovra e uscire. Non prima di aver riavviato il tutto con i cavi della batteria (scarica anche questa).

Giornata memorabile. Ho visto fare delle cose incredibili, dei numeri davvero assurdi con le gru. Mi sono emozionato, perché sono stati davvero bravi...pur nei vari casini combinati.

CONTAINER 1 e 2

Non ho mai potuto raccontarvi del primo e secondo container, che sono arrivati il giorno che stavamo rientrando in italia per le nostre vacanze. Riporto le sensazioni, dopo aver sentito i racconti di Barbara ed Emanuele ed aver visto alcuni filmati....che dire, è un'impresa. Ci hanno messo sei mesi ad arrivare fin qui, poi all'ultimo non volevano saperne di scendere a terra. Proprio così, o forse per come si fanno le cose qui...Il primo è sceso tranquillo, le gru della Sodecoton (società di sviluppo del cotone) lo hanno ancorato bene, sollevato, due-tre manovre, quindi parcheggiato in asse perfetto. Ma l'altro...quando l'hanno posato sul camion (scaricandolo dal treno a circa 280 km da qui), han pensato bene di incastrarlo sulla motrice. Sì, perché chi mai si penserebbe di mettere un container sopra un camion con le spallette ? Da noi di solito si posano su un pianale liscio, qui no. Al momento di scaricarlo, le gru hanno alzato container e camion. Quindi si è pensato di alleggerire il "pacchetto completo" mettendo a terra tutto quel che c'era dentro il container. Bella sudata. Si riprova, ma niente. Il container non si stacca dalla motrice. Viene portato in officina; dopo 3 giorni di lavoro i due "pezzi" sono separati. Il camion se ne va, il container viene posizionato a fianco dell'altro.

Nel frattempo noi eravamo in italia...

IMMANCABILI CINESI

Tra i tanti "impegni" di questi giorni c'è anche quello di corredare la casa cumse di ciò che manca. Giorno dopo giorno, necessità dopo necessità, la lista si completa. Nei container inviati dall'italia pochi hanno pensato al materiale per la casa, qualcosa c'è...il resto lo cerco in città. Al mercato, trattativa dopo trattativa (e quando arriva il bianco tutti si precipitano per il grande affare). Nei magazzini, ma gli articoli o sono finiti o sono di scarsa qualità. Per le cose più impensabili ricorro ai cinesi. Sì, proprio loro. Anche qui. Come in ogni altro luogo (al di fuori dell'asia) sono nascosti. Non li vedi in città, ma ci sono. Li trovi seduti dietro il bancone del loro negozio (boutique), a far la cassa. Mi chiedo se sappiano il francese...No, non lo sanno. E se vogliamo affermare che lo sanno, allora io potrei insegnarlo all'università. Il problema sorge quindi quando gli devo chiedere se hanno una tenda per la doccia. In francese sarebbe più o meno così: "est-ce-que vous avez les rideaux pour la douce ?" In pratica il concetto chiave è " les rideaux" (le tende, che foneticamente si pronuncia "le ridò"). E lui mi chiede: "lelidò?" (alla cinese, appunto). "lelidò?" Provo a gesti a farmi capire, cerco di disegnare sull'aria cosa dovrebbe essere...forse in cina non le usano, oppure è un foglio di carta di riso, non so. Per fortuna arriva un "commesso" (forse aiutante, o forse "schiavo") camerunese. In che lingua si siano parlati non lo so proprio, forse il ragazzo camerunese ha studiato il cinese, forse. Comunque lui ha capito e mi tira fuori una "cineseria". Una tenda sottile sottile, che un fazzoletto di carta è meglio. Lascio perdere, costava un botto e si sarebbe rotta dopo una sola doccia. I ragazzi troveranno un'altra soluzione.

TANTI AUGURI ANNA

Passato brillantemente l'anno di Cristo, oggi Anna ne fa 34. Abbiamo voluto festeggiare all'italiana, ovvero cena fuori. Quando partiamo per un ristorantino sotto le stelle, l'orizzonte è illuminato da lampi. Si preannuncia un bel temporale, ma non è così vicino. Ce la facciamo sicuramente a mangiare, anche la torta che il suo ragazzo Alphons ha preparato per l'occasione. In macchina si stà un po' strettini (siamo in 8), quindi Emanuele e Alphons salgono sul cassone.
Quando arriviamo è già tutto pronto, mancano da ordinare solo le bibite.
Si è alzato un po' di vento. Meglio, la giornata è stata davvero calda. Ci servono pesce e pollo, patatine fritte e pane. Il cibo è buono, la compagnia ottima, il piccolo boukarou sopra la nostra testa è stato rifatto da poco. Terrà l'eventuale acqua, dovesse mai piovere?
Non finisco di pensarlo che inizia a piovere; il tempo è cambiato repentinamente, come se fossimo in montagna....ma io questa terra ancora non la conosco bene per capire che è imprevedibile tutto. Ecco ora va via anche la luce e cercare il proprio pezzo di pollo diventa difficile. Ma ci pensa Barbara che comincia a fare foto con il flash..."Regardatemiiiii" urla (nel solito misto francese-italiano che ci piace tanto) e mentre scatta la foto, torna anche la luce.che sia davvero una strega? 
Prima che venga il diluvio corro a prendere la macchina per avvicinarla al boukarou. Quando torno sono già fradicio. Gli altri, per fare tre metri, si annegano. Adesso siamo in otto pigiati come sardine dentro l'abitacolo. Il ricircolo d'aria non permette al vetro di spannarsi, l'acqua viene giù talmente in quantità che le spazzole non riescono a tener pulito il vetro. Insomma...non si riesce a vedere una "cippa". Procediamo a passo d'uomo verso casa; l'azzardo è restare dove siamo. Dopo un paio di chilometri Paolo si accorge di aver lasciato la macchina fotografica sul tavolo. Torniamo indietro. Il tempo peggiora ancora, oramai l'acqua ha invaso tutta la strada, i rami degli alberi più giovani si piegano quasi a toccar terra. Il vento spazza via ogni cosa. Esco per prendere la macchina fotografica; quando rientro sono ancora più zuppo di prima. Le poche macchine in circolazione si fermano sul ciglio della strada, noi invece avanziamo impavidi. Nella notte scura, lungo un improbabile marciapiede (che comunque non esiste), un signore con il bubu bianco (abito tradizionale mussulmano) avanza camminando sotto la pioggia. Un pazzo. O il fantasma di Djamboutou. L'ultimo pezzo di strada per arrivare finalmente a casa sono circa due chilometri di sterrato, ora semplicemente fango. La macchina non ha molta presa, scivola sull'acqua come fosse una tavola da surf. Le buche non si vedono, ci finiamo dentro e si alza una pozzanghera di acqua e terra. Pianino pianino ce la facciamo, in macchina scherziamo per tagliare la tensione. Siamo a casa. Adesso possiamo veramente goderci la torta di mele di Alphons. Si spengono le luci, tre candeline rischiarano la stanza, un desiderio, un soffio...tanti auguri. Grazie per la serata. Gnam gnam.

venerdì 18 giugno 2010

CASA CUMSE [12.06.2010]

Oggi si inaugura la nuova "Casa Cumse". Fino ad un paio di mesi fa ci abitava Benjamin con la sua famiglia, in locazione gratuita. Poi, con il paventato arrivo della squadra di volontari di Cumse, si è preferito ristrutturarla e renderla abitabile un po' più in stile "europeo". Non so giudicare se sia stata una scelta opportuna, ma in ogni caso da oggi è agibile. E' ancora un po' spartana ma ci sono i letti, i bagni funzionano quasi del tutto (in uno c'è solo acqua fredda, doccia compresa...ma con il caldo di qui...), la cucina sembra quella di un campeggio ma è utilizzabile, tavoli e sedie, frigo (pieno di cibi italiani), cucina a gas come una volta...Nel pomeriggio vi si sono trasferiti Roberto, Filippo, Giuseppe, Enrico e Dino. Ho preparato loro i letti; spero che questa casa diventi un nuovo punto di riferimento e di accoglienza per i tanti volontari che arriveranno. La convivenza in Casa Coe (dove io e Cristiana resteremo fino alla nostra partenza), in questo ultimo mese, non è stata facile. Quando si vive insieme in una comunità bisogna sapersi rispettare, accettare i reciproci limiti umani, mettersi intorno ad un tavolo con serenità e cercare di risolvere gli eventuali problemi, collaborare per la buona armonia, ...Qualcosa ci è sfuggito, negli ultimi giorni c'era in effetti un po' di tensione. Ho cercato e fortemente voluto che la casa fosse abitabile al più presto. E' un po' una piccola sconfitta per tutti noi, ma sono convinto che fra qualche giorno potremo ripartire con il piede giusto. Vivere insieme mette a nudo le criticità del quotidiano, soprattutto qui in Africa dove le comodità sono altra cosa rispetto alle abitudini di casa nostra, dove il clima caldo, il sudore, il fastidio delle mosche e delle zanzare ti snerva, dove anche il mangiare (il cosa ed il quanto) segna la differenza. Fra qualche giorno ognuno avrà riconquistato la sua serenità; allora sarà il momento di fare una piccola verifica. L'obiettivo dovrebbe essere comune: aiutare questa gente, terminare l'ampliamento dell'ospedale, costruire rapporti umani e collaborare con questo popolo...quindi non dovrebbe essere difficile ricucire i piccoli strappi creatisi. Altrimenti non ha senso continuare.

E IL RESTO ?

Nella quotidianità di quaggiù ti può capitare che il resto non coincida con quello che tu desideri e che ti spetta. Difficile da capire ma è così. Oggi sono stato a rinnovare l'abbonamento di questa fantastica chiavetta usb che funziona a meraviglia (??!!, ma è la migliore sul mercato...) e mi spettavano 6.150 FCFA di resto. La cassiera me ne dà 6.100. La guardo, le dico che i conti non tornano, lei allarga le braccia e mi dice che non ha altri spiccioli. Così, semplicemente. Resto impalato (e un po' attonito) ma non me ne vado. Allora le chiedo perché invece di darmi 6.100 non mi dà 6.500 (avevo visto la monetina da 500 !), oppure perché non esce a cambiare i soldi, o mi fa uno sconto, ...Lei non si preoccupa, non si smuove, resta sprofondata nella sua sedia, continua a guardarmi come non capisse perché insisto tanto per 50 FCFA. Insisto solo per principio, solo perché mi dà enorme fastidio questo comportamento, questa idea che l'uomo bianco sia ricco e che a lui non costi nulla rimetterci 50 FCFA. In questo modo sto bloccando la fila, allora uno dietro di me chiede qual'è il problema e anticipa lui i 50 FCFA. Non capirò mai come sia possibile che dentro i negozi, nei bar, al mercato dove tutti fanno acquisti (quindi un certo giro di soldi esiste), non abbiano mai il resto. Alle volte aspetti anche 10 minuti prima che riescano a mettere insieme quello che ti devono. Ma non dipende dal fatto che paghi con tagli grossi (oramai l'abbiamo capito)...forse ci provano ?

NIENTE DI NUOVO

Il giorno dopo (dopo una solenne dormita), alle 11 puntuali, siamo di nuovo in aereoporto. Portiamo le nostre belle fatture (false) per cercare di sdoganare questi stramaledetti scatoloni. Non sapessi cosa c'è dentro...ma purtroppo lo so. Sarei addirittura contento se me li requisissero, guarda un po'.
Lui fa il serio, ci richiede cosa trasportiamo, ci ridice che dobbiamo pagare lo sdoganamento (che ancora non sono riuscito a capire a quanto ammonta). Prende le fatture, fa le sue belle somme, converte il tutto in moneta locale, ...Gli rispiego che sono per l'ospedale, che abbiamo sette container in arrivo (appunto, non ce n'era a sufficenza di materiale dentro, per non dover portare altri due cartoni?) e che questo è urgente (ma dove !!!)...ma si "commuove" solo quando Emanuele gli dice che l'ospedale è della diocesi. Io queste cose ancora non ci riesco a pensarle, si vede che sono ingenuo. Gli nomini la diocesi ed allora tutto cambia. Diventano tutti più gentili, quasi si conquistassero il paradiso. Ci guarda , ci butta le fatture e ci dice di andarcene. Così facciamo, senza pagare alcunché. Scuoto la testa perché non capirò mai certi comportamenti. Niente di nuovo, insomma.

ANCORA DOGANA

Abbiamo riposato un giorno intero in capitale. Siamo ospiti di un'altra struttura del COE, un centro di animazione socio sanitaria. Qui hanno un piccolo ospedale in un quartiere cittadino. In un anno fanno partorire 3500 mamme. Noi al nord non arriviamo a 600. Ritroviamo Giuseppe, Aurora e Tina. Giuseppe è come sempre un mare in tempesta, pieno di idee, pieno di conoscenze. Ha appena terminato di seguire la costruzione di un altra ala dell'ospedale. Lui sì che è bravo, lui sì che c'è riuscito. Vorrei tanto anch'io. Aurora invece è una missionaria comboniana che ti stupisce sempre con i suoi rimedi naturali a base di piante. Sta studiando da sei mesi il francese, ma inforca una serie di francesismi tagliati con lo spagnolo che assomigliano tanto al nostro veneto rivisto in salsa catalana. Insomma "nun c'ea fà". Scopriamo invece una Tina brillante, energica, piena di voglia di sperimentare anche dopo 40 anni di africa. Io domani riparto, Cristiana si ferma per una settimana a far nascere bimbi (se glielo faranno fare).
In aereoporto ci arriviamo con un certo anticipo. Quattro ore, non so perché visto che poi si attardano ad aprire il check-in. Ho solo uno zainetto e i miei due fidi scatoloni, pieni zeppi di "puttanate". Dico così perché sono pezzi che si trovano anche in cameroun, di qualità forse inferiore, ma intanto io mi sto portando dietro 38 kg di materiale. Pago il sovraccarico e mi imbarco. Qui i controlli sono stati ...nulli.
Con la gioia nel cuore parto. Dovrei scendere a Garoua ma l'aereo decide di andare più a nord (scalo a Maroua) per poi ritornare indietro. Che bello...a me che poi piace tanto atterrare e decollare. Finalmente alle 12.00 atterro, con un ritardo di un'ora. Aspetto le mie valigie di cartone, le carico sul mio carrellino preso d'assalto dai portabagagli (ma che adesso so come tenere a bada) e mi avvio all'uscita. Semplice. Semplice per te. A un metro dalla porta (perché qui siamo un po' più artigianali nei controlli), il capo della dogana ferma il mio carrellino con un piede e mi chiede cosa trasporto. Provo a spiegarglielo ma mi chiede di seguirlo nel suo ufficio. Che palle ! 'Sti due scatoloni (e chi me li ha consegnati) mi stanno facendo girare... Apro, guardano il materiale, riguardano il passaporto ed il permesso di soggiorno..."e le fatture dove sono ?" Le fatture ? C'è mezzo aereoporto pieno di gente che trasporta le proprie cose in scatoloni e tu vieni proprio da me che ho pure gli scatoloni più piccoli ? Le fatture non ce le ho ! Provo a spiegare che è materiale donato, che è per l'ospedale, per una missione umanitaria...è già tanto se mi ridanno il passaporto. Devo tornare domani con le fatture ed il responsabile dell'ospedale. Esco con solo il mio zainetto, incazzato nero; ad attendermi ci sono Dino, Riccardo ed Enrico (i volontari CUMSE arrivati ad inizio maggio). Dino mi chiede se gli ho portato il materiale...vorrei spaccarglielo in testa il suo materiale !

VACANZE: LA RIPARTENZA


...come quando siamo partiti a novembre, poco di diverso. Non abbiamo appreso nulla dall'esperienza già fatta. Corse per salutare tutti, corse per chiudere le valigie, a letto troppo tardi, la sveglia alle due e mezza di mattina, ...nelle valigie poche cose nostre, molte per la "missione"...Confusione al check-in. Per un attimo sembra che non possiamo partire. Abbiamo il biglietto, il passaporto, pure il permesso di soggiorno camerunese, ma l'addetto al check-in (il più furbo lo troviamo sempre noi) fa storie perché non trova un legame tra il passaporto ed il permesso di soggiorno. Secondo lui, che si rifà all'ordinamento italiano, nel permesso di soggiorno camerunese deve esserci l'indicazione del numero di passaporto italiano. Spiegagli tu che in camerun non è così...Partiamo, "...ma se poi vi bloccano sono cavoli vostri...". Con buona pace della sua anima, invia i bagagli per il carico in stiva. Superiamo il check-in ma non facciamo in tempo a presentarci all'imbarco che veniamo chiamati per un controllo urgente da parte della dogana italiana. La poliziotta vuole solo uno dei due. Manca mezz'ora alla partenza dell'aereo. Scendo con lei in hangar e strada facendo mi pone un sacco di domande su chi siamo, cosa facciamo, dove andiamo. Mi fa aprire due dei tre bagagli (una buona media). Nella valigia (già chiusa con il cellophan) si è attivato il mio tagliabarba. Loro tramite il metal detector vedevano qualcosa vibrare e per loro era un timer (di una bomba ? aspetti di chiedermelo ?). Lo scatolone invece contiene tubi, raccordi, seghe, tagliavetri ed una batteria da moto. Anche in questo caso "quella strana massa al centro dello scatolone" era per loro una bomba. Apro, svito tutti i tappi della batteria, la rovescio per far vedere che dentro non c'è alcun liquido. Tutto ok, "sa noi siamo tenuti a controllare...". Per richiudere lo scatolone adesso manca lo scotch. E mancano 15 minuti al decollo. In terra tutto il cellophan steso, con il quale in tre riavvolgiamo la valigia. A questo punto siamo degli amiconi, il nastro adesivo vado da solo a cercarlo in hangar (cavolo, che sicurezza...). Poi ad un certo punto mi dicono che mi devo spicciare. Salgo di corsa ed in effetti son tutti là che aspettano solo me. Manca solo il mio biglietto. Salgo e tra un accidenti e l'altro partiamo. Siamo in volo, stiamo tornando. Come inizio di viaggio non è male. Già movimentato a terra, poi in volo imbarchiamo una serie (per me infinita) di vuoti d'aria. Non vedo l'ora di metter piede a terra.
Sotto adesso c'è il deserto. Affascinante, anche se è solo "sabbia". Dopo qualche ora arriviamo a vedere la foresta, segno che ci siamo. Arriviamooooo...
 

VACANZE: LA NOSTRA MONTAGNA

Si sa, ogni "razza" c'ha la sua montagna. Ai vicentini lasciamo pure l'altopiano (e so già che qualcuno si offenderà), ma le nostre montagne sono le dolomiti. Mi sono perso forse l'inverno più nevoso negli ultimi decenni, quello più freddo e lungo sicuramente...ma un giretto in montagna non ce lo siamo fatti mancare. Una scappatella, s'intende. Ma quel tanto che basta per mettere i piedi sulla neve, mangiare un panino alla mortadella portato con gioia e fatica in zaino, un pezzo di formaggio strappato a morsi...ed una dormita su uno splendido prato di bucaneve. Davanti a noi il Pelmo, più a sinistra il gruppo del Sella, dietro di noi il lago di Alleghe...una meravigliosa giornata di sole, pace e relax. Tutto questo verde me l'ero dimenticato. L'acqua che scorre lungo il crinale, fuori dalla sua traccia, il bianco della neve, il vento fresco, il silenzio rotto solo dal cinguettio degli uccelli. Bello.

VACANZE: INCONTRI


Un sacco, davvero tanti. Abbiamo cercato di essere un po' dappertutto, come il prezzemolo. Ma forse qualche piatto non è venuto bene. Pace, a noi ha fatto piacere provarci. L'affetto è stato davvero tanto, anche inaspettato. Molti di voi hanno voulto ascoltare la nostra storia, qualcosa che non è finito nelle pagine di questo diario. Alcune cose anche meno piacevoli, molti aneddoti divertenti, l'universo che separa la nostra cultura (europea) da quella africana. Ci è piaciuto cogliere in voi il piacere della scoperta, del racconto, ricevere meraviglia e stupore, domande strane, appunti, ...la sensazione di non essere mai partiti ed insieme la sensazione di ritornare in famiglia, a casa. Ma è anche stata dura, ogni giorno fuori casa, mattina e sera, pranzo e cena. Dobbiamo dire che eravamo tornati per riposarci, ma abbiamo avuto davvero poco tempo per farlo. Ma nessun rammarico. Qualcuno ci ha detto che siamo cambiati, che ci trova diversi. Noi speriamo che sia in meglio. Vivere in africa comporta sicuramente qualche adattamento, qualche assaggio di un altra mentalità. Noi speriamo di farne tesoro, per i giorni e le scelte che verranno.

Grazie per averci accolto nelle vostre case, nel vostro cuore, per averci fatto capire cosa realmente stiamo facendo. Stando qui, certe dimensioni si perdono.

Grazie a chi ha rinunciato ai propri impegni per vederci, a chi ci ha teso la mano, a chi ci ha sorriso. Grazie ad Enrica e Michele, al loro matrimonio. Un abbraccio speciale a Terry e Lory.

Forse resta un dubbio a qualcuno: "Tornerete ?"

VACANZE: A ZONZO


Volevamo dormire, erano appena le 22.00 ma eravamo "cotti". Spenta la luce, stiamo per prendere sonno quando sentiamo il rumore di una portiera d'auto chiudersi. Voci in strada. Il suono del campanello. NO! E invece sì, sono loro. I soliti ragazzacci degli scout che vengono a parassitare a casa nostra. Ma ci fa piacere vederli, portano sempre il sorriso in casa nostra, oltre ad un po' di confusione. Si buttano subito sul divano, da mangiare non abbiamo nulla da offrire, ma si resta a parlare un'oretta. Fanno strane domande, insolite. Come per esempio perché non siamo abbronzati. Perché fa troppo caldo per restare sotto il sole e perché anche noi lavoriamo. Dopo un po' si accorgono che stiamo crollando. Se ne vanno, ma l'appuntamento è per l'indomani. A messa.
Anche il risveglio è strano. Casa vuota, silenzio, il microonde che occhieggia, il bagno dall'altra parte della casa, le finestre chiuse da riaprire, le campane che non suonano, ...
Decidiamo di andare a messa in tram. E' comodo, quello sì, e ci permette di guardarci intorno, di osservare la nostra gente. Cogliamo sensazioni differenti. Sono tutti un po' di fretta, tutti molto silenziosi, tutti intabarrati nelle loro giacche perché la primavera tarda ad arrivare, lo sguardo un po' perso, i colori pastello molto attenuati, su tonalità autunnali. La gente non si parla, non si saluta. Mancano le voci dei bambini, mancano i bambini, non ci sono i variopinti tessuti africani, nessuno che ti stringe la mano, mancano gli spazi grandi, il respiro libero, il cielo azzurro, le case basse di terra. Si capisce che è un altro modo di vivere la vita. Né più bello né più brutto. Diverso.
A messa la chiesa è piena ma non gremita. La gente ordinatamente seduta sui banchi, bimbi compresi. I canti sono solo per il coro. Una chitarra solamente (anche se ben suonata). Diversa dalla messa bilingue (francese e dialetto foufoulde) che è piena di canti, di tamburi, di gente che balla...e che finisce dopo circa due ore. Ma non pesa. La festa al di fuori, invece, è uguale.

VACANZE: L'ARRIVO


Eccoci qui, per raccontarvi un po' le nostre vacanze, il rientro in italia, le sensazioni vissute, i pensieri...
Allora, vorrete sicuramente sapere com'è ritornare a casa dopo 6 mesi. Ad alcuni di voi già lo abbiamo confessato, con altri è mancato il tempo. Ma adesso, noi da qui e voi davanti al video, possiamo scambiarci un po' di idee.
Non sappiamo da dove iniziare, per cui partiamo con l'argomento più innocente: il tempo. Bhè, la differenza si sente subito. A Bruxelles c'erano 6 gradi, dico ben 6 gradi. E a Bologna, dove siamo atterrati, ci ha accolto la stessa pioggia battente che ci aveva salutato a novembre quando abbiamo iniziato il nostro viaggio. Il caldo (anche troppo) africano è subito un lontano (e gradevole) ricordo. Ma a pochi metri ci attende il calore dei nostri genitori, dei nostri amici....ma non prima di aver subito un controllo della dogana. "Cosa trasportate in quei cartoni ?" Sembrava ci stessero attendendo. In effetti i tempi delle valigie di cartone sono passati almeno da un secolo, ma solo in europa. In cameroun, per esempio, sono all'ordine del giorno. Insomma, per farla breve, nelle nostre valigie di cartone c'erano una splendida sedia stradio acquistata in nord cameroun ed un po' di ceramiche. Mostra i certificati originali, un po' di carte false, qualche sorriso, l'aria seria del volontario integerrimo (il medico che salva il mondo) ed altre sceneggiate inventate al momento...e possiamo finalmente abbracciare Pulcherio e Gianmario. Noi non portiamo nulla in dono (a parte i nostri racconti), loro ci offrono subito un paio di maglioni di lana. Eh sì, non fosse perché non venivamo dalle maldive, ma l'abbigliamento che avevamo era comunque da calda estate.
Siamo stanchi, io molto provato da queste scatole di latta chiamate aerei che proprio non soffro. Anche dopo oramai una ventina di voli.
Il tempo di un abbraccio e partiamo. All'arrivo nella nostra casetta ci sono mamma e papà. Emozionati, ma credo contenti. Credo capiscano la nostra stanchezza ma al tempo stesso colgano che per noi è una bella esperienza, che stiamo bene, al di là di qualche chilo di meno.
La nostra casetta non è cambiata, ma fa una strana sensazione. Quando restiamo soli, c'è troppo silenzio. Non ci sono: Paolo che gira mezzo nudo per casa, Barbara che chiama dalla camera Emanuele (che nel frattempo è in pepiniere), l'eco nei corridoi, le ventole che girano, Silvie che cucina, la lavatrice che perde, Tecla che non apre la porta nemmeno se le spari, i bambini in giardino che scappano rincorsi dal guardiano, il soggiorno con tutte le sedie a semicerchio, .... Ecco la prima sensazione strana, il silenzio assordante.