venerdì 15 ottobre 2010

L'ISOLA DI KOFIA

I visti ci servono per entrare in Ciad, visto che a metà del fiume entreremo in territorio straniero. Abbiamo ancora diverse ore di piroga, il sole scotta, ma l'idea di farcela ci motiva e ci sostiene. Non abbiamo nemmeno pranzato. Quando la piroga rallenta capiamo che siamo vicino al confine. Dobbiamo accostare e farci riconoscere...ma sono le 13.20 ed è ora della preghiera dei musulmani. Ci fanno cenno di proseguire, senza alcun controllo. Il fiume si apre, siamo oramai alla foce verso il lago. Il panorama è da mozzafiato. Acqua tutto intorno, è maestoso. Il paragone è irriverente ma sembra un po' come alcuni tratti della laguna veneta (quelli vergini ed incontaminati). I confini non si vedono, siamo dentro il lago. La piroga procede diritta verso l'isola di Kofia. Con noi, in piroga, c'è un professore di francese; è un infiltrato, scrocca il passaggio e non paga. Appena scendiamo a terra il solito accorrere di bambini. Qui fa veramente caldo. La velocità della piroga ci aveva illuso. Il professore ci affida ad un bimbo della sua classe, quello che a suo dire "bricole" (arrangia) un po' meglio il francese. Siamo messi bene...Vorremmo mangiare e bere ma ci dicono che poche settimane fa sono morte diverse persone per colera, qui sull'isola. Breve giro, rifornimento di carburante e via. Il ritorno sarà più lungo, saremo controcorrente. Alle quattro siamo di nuovo a Bangloua, dove recuperiamo Cip e Ciop e la loro piroga. Dobbiamo affrettarci o ci toccherà dormire una volta ancora al sultanato, ma nessuno ne ha voglia. L'idea è di recuperare velocemente armi e bagagli e rientrare verso la strada asfaltata. Quindi dobbiamo anche passare i punti critici pieni di fango. E nella notte non è il caso.
Il sole di questi due giorni dovrebbe aver asciugato molto le pozze, ma non si sa mai.

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