giovedì 25 marzo 2010

PARCO DI WAZA [13.03.2010]


Per prenderci una pausa di distrazione e per ricaricare le batterie...siamo andati a nord. Non un vero e proprio safari, direi piuttosto una sorta di visita guidata al parco di Waza. Obiettivo ? Puntato, verso l'orizzonte. A caccia di animali.
Ecco le foto, selezionate tra le migliori che siamo riusciti a fare. Purtroppo mancano gli elefanti, ma...

[dobbiamo ancora entrare al parco ma una scimmietta biricchina cerca di nascondersi al nostro obiettivo]


[questa giraffa invece, per guardare noi non si accorge del camion che sta sopraggiungendo]

 [queste continuano imperterrite a mangiare]

[queste ci hanno visto, e sembrano incuriosite da noi turisti]
[mbhée ? che hai da guardare...]
[ecco l'ingresso; inizia l'avventura]
[questo è quello che si può vedere...]
[un branco di damalischi]
[...visto da vicino...]
[specchio d'acqua]

[airone]


[mamma, papà ed i piccolini]

[uccelli in volo]
[natura viva]
[? gazzella ?]

[piccola oasi]

[tra i rami, uccellini rossi]

[famiglia di cefalopi]

[questo si è smarrito]

[queste non sono da meno]

[acqua! Finalmente...]

[uno sguardo all'orizzonte]

[?]

[arrivano i turisti...viaaaaaa...]

[un po' di verde e di fresco]

[alle ore 12 eravamo arrivati a 50°; la temperatura è quella esterna, al sole]

[branco di facoceri]

[aquila]

[in volo]

[brutti]


[al calar del sole, alla caccia del leon]
[eccolo! un cucciolo di leone]

[non possiamo avvicinarci troppo]
[il giorno dopo: immagini della savana]

[casello autostradale lungo la strada del ritorno]


Ciao, alla prossima.
Spero che le foto vi siano piaciute.
Sono solo una piccolissima parte delle meraviglie che si possono vedere quaggiù.
Roooar

martedì 23 marzo 2010

SOLDI PER LA VITA

[...qualche settimana fa...]

Un uomo giace da una settimana su un giaciglio all'interno della sua casa di terra e paglia. E' stato morso da una vipera mentre faceva legna. Il villaggio dista dall'ospedale almeno 15 chilometri, e a piedi è impossibile farcela.
In un villaggio vicino, Emanuele e Pierre stanno acquistando dei maiali da portare alla Farm, quando vengono avvisati delle condizioni dell'uomo e viene chiesto loro se lo possono portare all'ospedale. Le condizioni sono già molto critiche; per questi otto giorni è stato curato con i metodi tradizionali. Una "pietra nera", un sasso che sembra avere la proprietà di "risucchiare" il veleno. La famiglia non ha i soldi per le cure mediche, nè per il trasporto.
Emanuele lo carica in macchina, procura le medicine ed in ospedale provvedono alle prime cure. Le prime reazioni sembrano promettere bene, ma c'è bisogno di sangue per la trasfusione. Tanto sangue. Solo un familiare (uno dei tanti figli dell'uomo) si offre volontario, ma non basta. La moglie stessa ed altre persone del villaggio si rifiutano di donarlo; nei giorni a seguire devono lavorare duro al campo ed in questa stagione le forze vanno conservate.
Passa la notte. Il giorno seguente l'uomo inizia a dare segni di cedimento. Poche ore più tardi, verso l'imbrunire, se ne va.
Questione di sopravvivenza. Nessun grosso dramma. La vita qui è così. E viene accettata con molta dignità. Noi restiamo in silenzio, un po' increduli, sbigottiti, amareggiati. Difficile provare a capire.

sabato 20 marzo 2010

16 MARZO

Piove. Lacrime dal cielo, sempre più intense. Alla fine sarà un vero acquazzone. Era da fine ottobre dello scorso anno che non pioveva. E' durata circa una mezz'oretta, ma ha infradiciato tutto.
Fuori in giardino c'erano ancora un po' di sacchi di zanzariere, sotto il cielo; nessuno pensava venisse a piovere. Poi in qualche secondo è arrivato da est un vento furioso, terra e polvere spazzate nell'aria, a rendere l'orizzonte meno chiaro. Sono uscito di corsa per cercare di mettere in salvo i sacchi. Il guardiano mi ha dato una mano, poi è sopraggiunto anche Emanuele.
Sotto il portico, fradici di pioggia, ci godiamo il primo vero fresco da quando siamo qui. Benedetta pioggia...

CARCERE

Martedì. Oggi è prevista la nostra visita all'interno del carcere. Siamo io, Barbara, Paolo e gli educatori dei ragazzi di strada. Ritrovo alle ore 9.00. Il carcere è in città, non distante dal Palazzo di Giustizia. E' una struttura fatiscente. Nemmeno il tempo di entrare e già sul piazzale si scorgono le guardie a controllare una serie di condannati intenti a pulire la strada. Sembra un film; ma i condannati non hanno le catene ai piedi, nè la divisa a strisce.
Entriamo e forniamo i nostri documenti. Jacques – molto formale – ci tiene che veniamo presentati al direttore del carcere. Aspettiamo per 10 minuti buoni in una stanza antistante quella del direttore. Nel frattempo un impiegato (giù per sù dell'età di 35 anni) gioca al computer dinnanzi ai nostri occhi. Jacques gli pone delle domande, lui risponde, ma senza distrarsi dal suo gioco. Entra una assistente, che ci squadra...e poi si mette a suggerisce al collega le mosse da fare al videogioco. Quando il direttore esce dalla sua stanza per presentarsi, i due continuano imperterriti a giocare, senza che la cosa possa minimamente preoccuparli. La presentazione è un vero e proprio pro-forma. Una stretta di mano ed una domanda doverosa ma disinteressata sul motivo della nostra visita.
Ci fanno entrare. Superate le sbarre, ci accoglie un ragazzo che avrà circa 30 anni. Sembra un dipendente, invece è un condannato. Si è beccato una quindicina d'anni per una colossale truffa allo Stato. Da noi sarebbe fuori, senza troppi problemi. E' ben vestito: mocassino bianco di Gucci, pantalone classico con piega perfetta, camicia appena stirata, anch'essa con piega sulle maniche, chiuse da due gemelli d'oro. Orologio classico, con cinturino in pelle. Sbarbato di fresco, con una sua discreta pancetta; indice che mangia e non se la passa poi tanto male. E' lui che ci conduce in visita al carcere. E' lui il boss. E' lui il responsabile dei minori in carcere. A lui si rivolgono con fiducia gli educatori di strada, perché segua il progetto di reinserimento dei minori.
Appena vedono entrare dei bianchi (Paolo in realtà viene due volte la settimana), c'è agitazione. Tutti vogliono stringere la mano al bianco, tutti chiedono un aiuto.
Qui i condannati non sono separati per gravità della pena. Sono tutti insieme, ammassati. Le condizioni igieniche ricordano le carceri turche dipinte nei film hollywoodiani. Per terra avanzi di cibo, acqua putrida. I condannati ammalati sono in fila per ricevere il rancio. Si mangia una volta al giorno. Il pasto consiste in farina cotta nell'acqua (una specie di polenta). A cucinarla ci pensano i carcerati stessi, ma senza troppa cura. C'è poi un piccolo mercato interno al quale – pagando - si può acquistare un pasto decente. I soldi devono arrivare dai familiari. Ovviamente c'è la cresta.
Visitiamo le stanze. 14 letti in tutto. Si dorme due per letto, insieme. Non a turno. Altri tre dormono sotto il letto. Altri quattro per terra, tra un letto e l'altro. In una stanza da 14 letti dormono in 160. Vero. Gli altri dormono nelle docce. La malattia più comune è la scabbia. Non manca l'aids, la tubercolosi ed altre malattie "comuni". In teoria c'è una zona del carcere riservata ai minori, con un piccolo spazio dove possono confezionare borse, portafoglio, collane da vendere all'esterno. In realtà la sera c'è molta promiscuità. Non è corretto parlare di prostituzione, piuttosto di violenza. In tutto gli uomini sono 1500.
C'è pure una sezione femminile. Sono in 8, separate dai maschi da un portone di ferro. Spesso aperto. Nessuna delle condannate è dentro per omicidio (del marito); piuttosto, la pena più comune è legata al tentativo di aborto e alla stregoneria.

Terminato il "giro illustrativo", con Jacques ci dirigiamo verso la chiesa del carcere. Al suo fianco la moschea islamica. Il giro è servito per farci vedere, per far capire ai ragazzi che tra poco è l'ora della verifica. Gli educatori, infatti, il giovedì si recano in carcere per un programma di informazione sanitaria e il martedì interrogano. A chi risponde correttamente viene regalato un frutto. In questo modo cercano di incentivare l'attenzione al programma.
L'appuntamento è in chiesa, l'unico posto sufficientemente pulito della prigione. I ragazzi che ci vedono per la prima volta chiedono chi siamo. E a me chiedono perché ho i capelli rossi. Mi invento una storia (in francese), sui miei discendenti: condottieri del nord europa, poi stabilitisi in Irlanda. Fa presa. Poi mi ricordo che in realtà sono il marito del medico...
Alle 11 usciamo da carcere, non senza aver potuto ammirare un paio di tizi che, per muoversi, saltellavano: avevano i piedi incatenati. Pena che scontano gli "irrequieti", ovvero quelli che creano risse all'interno del carcere. Un altro paio ci chiedono l'indirizzo; una volta usciti vorrebbero poter tornare in Italia con noi, a cercar miglior fortuna.

CONTAINER

Ho preso contatti con F.M. per il trasporto dei container dal porto fin qui. Un pezzo di viaggio lo faranno in treno, il resto sul camion. In tutto i container che arriveranno da qui a luglio sono 7. Quasi tutti superano il peso di 15 tonellate.
Il nostro trasportatore è un greco, che risiede qui da quarant'anni. Con lui abbiamo fatto un chiaccherata, non solo di lavoro. Torna a casa, dai figli oramai grandi, un paio di volte l'anno. Ha visto cambiare questo paese; lui dice in peggio. Con il nuovo presidente, in carica da metà degli anni 80, la corruzione è aumentata, di pari passo con la povertà.
E' un amante del gioco delle bocce. Ci siamo dati appuntamento in piscina; è lì che lo visto la prima volta, senza sapere chi fosse.

"PROGETTO GOCCIA" [...per Elena e Leo...]

Goccie d'acqua. Speranza di vita.
Con Ezio e la sua telecamera abbiamo fatto il giro dei villaggi per valutare le condizioni dei pozzi costruiti in questi anni da Cumse e per raccogliere le esigenze di nuovi villaggi.
Devo dire che mi restano delle perplessità, ma nessuna sul nobilissimo obiettivo di dare vita ("l'acqua è vita") in queste terre così desolate ed arse.
Sotto il sole cocente del mattino abbiamo visto di tutto: pozzi classici, scavati a mano fino ad una profondità anche di 15 metri; pozzi con pompa meccanica di aspirazione (di 10, solo un paio erano ancora funzionanti); un paio di forage (pozzi sigillati con pompa meccanica o elettrica). L'acqua in alcuni casi era davvero pessima, ma è anche l'unica acqua a disposizione della popolazione. Pertanto, per loro, è buona.
Le foto parlano più delle parole.

[villaggio di Pakete. Pozzo tradizionale, senza protezione]

[interno del pozzo]

[acqua del pozzo]

[appena fuori dal villaggio]















[villaggio di Mayami. Forage a pompa meccanica (a pedale); qui l'acqua è davvero buona; il pozzo è chiuso e pertanto non è inquinabile da materiale di superficie]

[lui controlla]

[altro pozzo a pedale]

[pozzo tradizionale con pompa meccanica (rotta). Quando si rompe, tolgono il coperchio ed il pozzo diventa un normale pozzo a secchi, quindi "sporco"]

[altro modello di pozzo a pompa meccanica (rotta)]

I secchi con cui si raccoglie l'acqua sono per lo più bucati, la corda è oramai lisa e pronta a spezzarsi; laddove è stato rimosso il coperchio di cemento, si attinge anche in 10 persone contemporaneamente...e dentro il pozzo ci finisce di tutto. La cosa difficile è riuscire a programmare con la gente del villaggio un "comitato di gestione del pozzo". Qualcuno cioè che si faccia carico di mantenerlo in buone condizioni, che si faccia promotore per mettere via un po' di soldini per le opere murarie di ripristino, per la sostituzione della pompa, per la gestione degli accessi al pozzo. Invece tutto sembra lasciato al caso, o al singolo. Questo è quello che mi lascia perplesso. Questa è la direzione su cui lavorare. Fare un pozzo per poi lasciarlo andare in malora, ha poco senso. Per noi. Per loro, invece, è comunque fonte di vita.
Ma potrebbe essere una vita migliore...

[pozzo classico a secchio, ma con copertura in ferro per ridurre le cause di inquinamento. La pianta è un bellissimo mango, carico di frutti (saranno pronti a metà aprile)]

[un caccia sopra le nostre teste ci ricorda che in qualche paese vicino la guerra non è finita]

[il pozzo è loro !]
 

[con l'acqua (e la terra mista a sterpaglia) si possono costruire ottimi mattoni per l'edilizia]


[altro villaggio; qui l'acqua affiora dal suolo...]

[... perché non approfittarne ?]


[ecco, questo funziona !]



[notare il "deserto" tutto intorno....]

[i covoni di paglia qui li fanno così]

[fatevi trascinare dal suo sguardo]

[albero in villaggio]

[questo è lo stato del pozzo a ridosso del dispensario del villaggio di Nakong]

[e quest è l'acqua (pessima)]
In alcuni villaggi ho riassaggiato il gusto amaro dell'assistenzialismo, dell'attesa. Gli uomini all'ombra sotto l'albero a prendere il fresco, le donne a tirar sù l'acqua con un bimbo aggrappato sulla schiena, ....e la richiesta di fare qualcosa. La rabbia alle volte arriva là quando capisci che però il pozzo non l'hai ridotto tu così. E che se davvero comprendi il significato ed il valore di avere un pozzo in un villaggio, potresti ingegnarti per tenerlo a modo. Ecco, questa è una delle mie perplessità più grandi. Ma che non mi distoglie dall'idea che dobbiamo perseverare lungo la strada del sostegno e dell'educazione.
Durante il corso di formazione con CUAMM – Medici per l'Africa (aperto anche a quelle figure che poi vengono catalogate come logisti) ricordo di aver sentito parlare di "Water and sanitation". Ovvero acqua e sanità. Quello che ancora oggi non si è riusciti a far comprendere a queste persone è che la pulizia e la qualità dell'acqua vanno di pari passo con l'aspetto sanitario, ossia le malattie delle persone (tifo, colera, epidemie le più diverse che si possono trasmettere ed acquire gestendo l'acqua in maniera scorretta). Qui non ci sono depuratori, nè sterilizzatori. Solo il buon uso delle cose.

A tal proposito, la mia borraccia dentro la macchina è rassicurante. Ma mi ricorda anche che è un privilegio.
 
[accidenti, abbiamo fatto troppo rumore. S'è svegliato...]
 
[tentativo di edilizia residenziale, a due colori]
 
[intanto sotto gli alberi sta per iniziare una riunione di asini]
 
[non lontano invece c'è la classe per gli studenti della prima elementare; la scala a cosa serve ?]
 
[lezione open space. da noi il problema fondamentale sembra invece essere la presenza o meno di un crocifisso in aula....]
 
[alt, stazione di rifornimento]
 
[quissà da quante ore sta camminando sotto il sole, insieme alla sua fidata lancia]
 
[si può lavorare anche con un bimbo sulla schiena]
 
[l'ultimo pozzo. E le mamme non hanno paura che i piccoli ci cadano dentro ?]
 
[ecco l'acqua. Mmmmh]

[il pranzo è pronto. Sono banane dolci fritte]